La Scuola di Belle Arti a Sesto viene aperta nell’immediato dopoguerra ad opera del Centro Indipendente di Cultura (CIC), composto da un gruppo di intellettuali sestesi, che nel 1946 la idearono e la finanziarono grazie ai contributi raccolti presso i cittadini, gli esercenti locali e a una piccola tassa di iscrizione. “Sempre il CIC nel corso del 1947, dopo aver dato avvio ai corsi di musica e pittura, sostiene e promuove un’esperienza che nel giro di pochi anni riesce ad imporsi all’attenzione per il considerevole numero di frequentanti. Ma l’impegno finanziario che essa comportava costringe l’attività entro ambiti ridotti e continuamente incerti”. É a causa di queste difficoltà per salvare l’istituzione che il CIC si rivolge al Comune affinché si assuma l’onere finanziario della scuola. Nell’aprile 1953 il Sindaco Oldrini e l’Assessore alla pubblica istruzione Talamucci in sede di consiglio deliberano il finanziamento della scuola, trasformandola in scuola serale, migliorandone l’organizzazione e assicurando il corpo docente. É in questo anno che l’amministrazione dà l’incarico a Giovanni Fumagalli in qualità di insegnante e di direttore. Nel 1954 il Comune di Sesto trasmette al provveditorato la denominazione ufficiale della scuola e la sede: Scuola Civica serale di Belle Arti Faruffini, biblioteca comunale di Villa Zorn. “Fumagalli si mise subito al lavoro con entusiasmo ed efficienza organizzando quella che lui stesso definisce una scuola formativa…Non voleva produrre solo degli artisti: voleva che il disegno e la pittura aprissero la mente agli allievi”. Non esiste un programma didattico scritto nel momento del suo insediamento ma in un articolo pubblicato nel 1964 su Sesto Città indica quali siano state le sue linee guida.
“Ricordo ancora il mio primo incontro con gli allievi della scuola civica serale di pittura Faruffini, così diversi tra loro per età, per cultura e professione…Era la prima volta che mi trovavo in un’aula così affollata e dovevo impostare il problema dell’insegnamento senza ricalcare il vecchio sistema…dovevo scegliere tra quello seguito in tante scuole di pittura, cioè dare agli allievi un certo mestiere, far fare a tutti lo stesso quadro, nella stessa maniera generica e fondamentalmente inutile, che al massimo avrebbe suscitato le lodi dei parenti e degli amici; oppure cercare di scoprire attraverso il disegno e la pittura il carattere di ogni allievo, di allargare e approfondire la loro cultura, rompendo il meccanismo delle frasi fatte, aiutandoli ad esprimere un loro giudizio basato sull’osservazione e il ragionamento. Nel primo caso sarebbe stato tutto molto più facile…Nel secondo caso avrei dovuto impegnare tutte le mie risorse psicologiche e intellettuali, avrei dovuto studiare allievo per allievo, analizzare di ognuno il temperamento, la cultura, le capacità intellettuali, agire su di esse sviluppandone le latenti energie in modo da migliorare le capacità, rendendoli consapevoli non solo di che cosa è l’arte, ma anche la vita che di quest’arte è la base, il substrato più profondo… A distanza di tempo sono contento di poter dire che la mia scelta si è dimostrata giusta e che tutti gli allievi, anche quelli che oggi per ragioni diverse hanno rinunciato a dipingere, qualcosa hanno appreso, qualcosa che ha migliorato le loro capacità di osservazione, le loro qualità intellettuali. Ed è questo insegnare a capire e a vedere che ha molta più importanza del puro e freddo insegnamento della pittura e del disegno” (Sesto San Giovanni ottobre 1964)
Il programma della scuola prevede un corso di disegno dal vero, un corso di nudo, un corso di pittura un corso di scultura e un corso di incisione. In margine ad essi si sviluppano le altre attività, quali le visite ai musei e alle gallerie d’arte, le discussioni sull’arte e nei giorni festivi del periodo primaverile il corso di pittura del paesaggio che porta gli allievi a dipingere nelle strade e nelle piazze o in luoghi della Brianza. Infine l’anno scolastico si chiude sempre con una gita culturale in una città d’arte.
Renato Tarantola
Gabriele Poli